Tra le tante escursioni in programma sulle Dolomiti, le Torri del Vajolet erano tra quelle a cui ambivo di più, sia per bellezza e importanza del luogo, sia perché potevano rappresentare il possibile superamento di qualche piccola paura.
Quindi finalmente a luglio 2022 siamo riusciti a programmarla.
Dall’hotel abbiamo raggiunto il parcheggio della seggiovia Vajolet, situato a Pera di Fassa. Qui si può scegliere di salire subito a piedi percorrendo quella che nella stagione invernale diventa una pista da sci, oppure acquistare un biglietto di sola andata (ma io consiglio di acquistare anche il ritorno e poi scopriremo il perché) per le seggiovie Vajolet 1 e 2 per iniziare il percorso da una posizione più agevolata.
La parte meno “agevolata” è arrivata non appena mi sono adagiata sulla seggiovia in quanto era la mia prima volta senza sci ai piedi! Soffrendo di vertigini, i primi 2 minuti sono stati divertenti, per non dire altro. Poi la situazione si è calmata, complice il mio moroso che mi distraeva sdrammatizzando come solo lui sa fare.
All’arrivo del secondo troncone si prosegue a piedi per il sentiero n 540, direzione Rifugio Gardeccia, punto di partenza “ufficiale” dell’escursione. La prima tratta è leggermente in salita, in circa 30 minuti si arriva al rifugio, che gode di una meravigliosa vista sul Catinaccio, che ti abbraccia in tutta la sua maestosità.
Siamo a quota 1948m.
Un bellissimo cartello fatto in legno, vi illustrerà tutti i possibili sentieri, il secondo step è il Rifugio Vajolet, lungo il sentiero n546.
Preparatevi ad una camminata avvolti a 360 gradi dalle Dolomiti. Ci metterete forse un po’ più dei 45minuti segnati sul cartello, perchè foto e video sono d’obbligo soprattutto se avete la fortuna di non avere troppe persone intorno, e quindi di poter godere del silenzio.
La salita in alcuni punti si fa più ripida, ma sarete molto e dico molto felici di vedere i due Rifugi Vajolet e Preuss al vostro arrivo.
Vi consiglio di arrivare fino alla croce vicino al Rifugio Preuss, lo scenario che vi si aprirà davanti vi lascerà senza parole.
Siamo arrivati a quota 2243m.
Si vedono le torri? Nì.
Per avere la vista piena sulle torri bisogna arrivare al Rifugio Re Alberto I.
Ecco che mi trovo davanti ad un bivio:
-Soffro di vertigini.
-Ci sono dei punti abbastanza ripidi in cui ci si deve aiutare con le corde di ferro.
Bene, le voglio troppo vedere. Partiamo.
Già il cartello “Sentiero per escursionisti esperti” mi gasa, riuscirò a farlo? Dalla mia parte ho Enrico, che sa quanto ci tengo a vederle e sono sicura che se vede che mi abbatto mi porterà in quota a costo di finirla portandomi in spalla (Spoiler: non è successo!).
Quindi imbocchiamo il sentiero n542 e iniziamo la risalita, impegnativa, ci sono delle mini-ferrate, come dicevo in dei punti le corde di ferro sono di supporto perché comunque la risalita non è lunghissima ma ha molto dislivello.
Direi sconsigliata a chi soffre di vertigini, a meno che non ve la sentiate, tipo come ho fatto io, che però mi sono dovuta fermare diverse volte per via della nausea dovuta all’agitazione della situazione e appunto al fatto che comunque guardi sotto… E l’altezza c’è!
Tutta la fatica è stata più che ripagata dallo spettacolo che mi si è presentato davanti una volta raggiunto il rifugio.
Le Torri del Vajolet, imponenti, snelle, bellissime, avvolte in un paesaggio quasi lunare.
Ce l’avevo fatta, ho superato le vertigini, l’altitudine, i miei limiti. Le gambe mi tremavano e non poco lo ammetto ma forse era anche l’emozione di essere arrivata ai miei primi 2621m.
La torre più alta è quella centrale che tocca i 2805m, se guardate bene ci sono diversi alpinisti esperti che le risalgono, non immagino nemmeno la vista dalla cima.
Avevo una missione.
Qualche giorno prima di partire ho comprato un quadernino, il “Passaporto dell’escursionista” dove dentro devi scrivere i tuoi trekking, incollare foto, timbri ecc… Tipo un diario di viaggio dei trekking, perché poi avevo scoperto che ogni rifugio ha il suo timbro ricordo.
Quindi ripreso fiato sono entrata nel rifugio alla ricerca del timbrino, e sono uscita tutta soddisfatta, con timbro e calamita ricordo!
Siamo rimasti circa una mezz’oretta in contemplazione delle torri a sedere davanti, c’erano pochissime persone per fortuna quindi ce le siamo godute al massimo.
Iniziamo la discesa, non poco difficile dato che a quel punto avrei dovuto guardare sempre verso in basso. Quindi mi sono arrangiata a scendere come potevo, con anche l’aiuto delle mani, dove me la sono vista più brutta, non so nemmeno io come in certi punti più ripidi, quasi sempre con il sorriso e siamo arrivati di nuovo al rifugio Vajolet, dove volevo assolutamente mangiare, perché sapevo che avevano un’intera parte del menù dedicata alla cucina vegan.
Non potete immaginare la mia felicità quando ho letto gli infiniti piatti, ma soprattutto il non dover mangiare la pasta al pomodoro o aglio e olio, che per carità buonissima… Ma una veg-carbonara è meglio.
E poi i dolci? I miei due dolci preferiti in chiave vegana, quasi mi veniva da piangere, lo strudel e la sacher, prese entrambe, ovviamente, così da smezzarle.
Una degna conclusione di camminata.
Ora avete capito perché è meglio prendere la seggiovia anche per il ritorno? Dopo 13 km e 780 metri di dislivello, un super pranzo, ci vuole un pò di relax!