L’Islanda è quell’isola abbandonata a nord dell’Europa. Molti non sanno nemmeno dove sia, molti per assonanza la confondono con l’Irlanda. Tutti pensano che sia vicino Padova.
Quasi nessuno, per intenderci, conosce il “Mal d’Islanda”, nemmeno io, fino allo scorso ottobre.
Conoscevo il “Mal d’Africa”, quello si, la malattia che colpisce il cuore, in senso figurato. Il famoso malessere misto nostalgia che accompagna nel loro viaggio di ritorno a casa la maggior parte delle persone che sono state in Africa.
Io ad ottobre 2022 sono stata colpita dal Mal d’Islanda, direi travolta.
Come ho già detto più volte, a me quest’isola è scoppiata dentro. La sento mia, mi assomiglia nel suo essere così meteoropatica, così variabile, così immensa nella sua semplicità.
La scorsa estate mentre programmavo l’itinerario di viaggio, ogni tanto qualcuno mi chiedeva dove andassi in autunno e alla parola “Islanda” la maggior parte delle risposte erano:
“Ma cosa vai a fare? Tanto non c’è niente da vedere”
“Un posto più vicino no?”
“Ma vai di nuovo al freddo?”
“Io fossi in te andrei al mare!” (Pensate, io al mare ci vivo e non ci vado quasi mai nemmeno in estate!)
Ovviamente ho ascoltato il mio cuore, il mio istinto, il mio amore per la natura, la mia voglia di mettermi in gioco in un viaggio diverso dal solito, che aspettavo da tanto, on the-road!
Bam, colpita e affondata.
È vero in Islanda non c’è niente, per chilometri e chilometri molto spesso non vedi che distese di natura incontaminata, ma come dico sempre: “Non ci sarà niente, ma è un niente che toglie il fiato!”.
Tra i detti islandesi più famosi c’è quello che dice: “In Islanda tre alberi sono considerati una foresta!”
Vi chiederete, quindi, come si può rimanere folgorati da un posto che all’apparenza è vuoto, privo di tutto?
Bella domanda, non credo ci sia una risposta.
Il nostro non è stato un colpo di fulmine, non è stato amore a prima vista, ma quasi, abbiamo avuto un leggero intoppo, chiamato pioggia, o meglio diluvio misto vento, che all’inizio mi ha destabilizzata, scompigliandomi i piani, mandandomi in crisi. Ma che poi ho imparato ad amare, perché fa parte del pacchetto o tutto o niente, o la ami o la odi. O la prendi così o scappi a casa.
Altro detto : “Se non ti piace il tempo islandese adesso aspetta cinque minuti: probabilmente peggiorerà”.
Ma può anche migliorare e ti ritrovi per esempio in macchina, con il diluvio alla tua destra e l’arcobaleno a sinistra. Con i capelli bagnati e il cuore pieno, pieno perché stai viaggiando su una strada, una unica strada circondata dalla natura più incontaminata, dove la terra è nera, lavica, ricoperta da muschio. Ci sono i cavalli, le pecore, che ti accompagnano lungo la strada, se hai fortuna puoi incontrare le renne o addirittura la volpe artica (ed è stupenda), davanti in mezzo alle montagne può improvvisamente spuntare la lingua del ghiacciaio più grande d’Europa… E poi attraversi un ponticello e ti ritrovi tra una laguna di iceberg abitata da foche e una spiaggia invasa da diamanti, che non sono altro che pezzi di ghiaccio che brillano sulla sua sabbia nerissima e di una consistenza morbidissima.
E ti chiedi: “Ma su che pianeta siamo finiti? Questa non può essere la terra!”
È anche il paese delle cascate, se ne contano più di 15000, ce ne sono di tutti i tipi, da quelle nascoste nei canyon a quelle che ci puoi salire per vedere il letto del fiume e il salto, a quelle che ci puoi addirittura camminare dietro per ammirarle a 360gradi. Puoi sbizzarrirti a cercarle, perché se chi cerca trova, in Islanda sicuramente se cerchi trovi una cascata. Personalmente io le amo, passerei ore e ore a fissarle, sono terapeutiche, non lo dico solo io, ma anche la scienza. Comunque su di me sicuramente hanno un effetto terapeutico, il rumore, la potenza, il salto dell’acqua mi destabilizza, mi toglie il respiro
Come mi ha bloccato il respiro l’avvistamento della mia prima balena al largo delle coste di Reykjavík e di tutte le altre che l’hanno poi seguita, se ci penso ancora stento a crederci e faccio fatica a raccontarla senza emozionarmi (qui il racconto Il 13 ottobre in Islanda – Una vita posto finestrino).
Con un po’ di fortuna e io da brava cacciatrice di aurore l’ho avuta, si può ammirare la Dama Verde, nonostante sia sotto il circolo polare, infatti in Islanda le possibilità di vederla sono molto molto alte, meteo permettendo.
E fidatevi vederla ballare nel cielo è pura magia.
Ad ottobre 2022 sono stata solo cinque giorni, e come vi ho detto mi ha letteralmente stravolta, è stata la prima volta che ho pianto sul volo di ritorno e nei giorni a seguire.
Come sono sopravvissuta al Mal d’Islanda che mi stava divorando? A gennaio ho prenotato un viaggio di gruppo, eh si “Ci sono cascata di nuovo” sperando mi passasse un po’, invece NO! ho visto posti inediti, conosciuto persone meravigliose, mi sono innamorata ancora di più della mia isola.
Ho addirittura coniato un termine nuovo “Lacrifoss” (Foss = cascata, in isladese) =Cascata di lacrime.
Sono giunta alla conclusione che il Mal d’Islanda dal mio cuore non se ne andrà mai e mi va bene così, io me lo tengo stretto, almeno fino al prossimo viaggio, sperando in una Ring Road.